Il licenziamento è, senza ombra di dubbio, uno degli eventi più traumatici nella carriera di un lavoratore. Ma, oltre al lato emotivo, c’è tutto un mondo normativo e giuridico che lo circonda, rendendolo una delle tematiche più intricate del diritto del lavoro.
In Italia, secondo i dati dell’ISTAT, ogni anno migliaia di lavoratori sono licenziati. Se guardiamo ai dati, vediamo che i settori maggiormente colpiti sono quelli dell’industria e dei servizi. Ciò è dovuto a molteplici fattori: crisi economiche, ristrutturazioni aziendali, ma anche singole dinamiche lavorative che possono portare a decisioni drastiche come il licenziamento.
In linea generale, il datore di lavoro deve fornire una motivazione valida. Questa può essere di natura disciplinare, ovvero legata a comportamenti del lavoratore ritenuti in violazione del contratto, o può derivare da ragioni economiche, organizzative o produttive dell’azienda.
La contestazione disciplinare rappresenta uno dei passi preliminari al licenziamento, appunto, disciplinare. In questa fase, l’azienda comunica formalmente al dipendente i comportamenti ritenuti illeciti secondo le previsioni della contrattazione collettiva, dandogli la possibilità di difendersi. Solo all’esito di questa procedura il datore di lavoro può intimare il licenziamento e potrà farlo solo per iscritto. Tuttavia, non sempre questa procedura viene rispettata: si pensi ai casi di licenziamenti orali oppure irrogati in assenza di una motivazione effettiva; oppure, ancora, ai casi di licenziamenti sproporzionati rispetto alla gravità delle condotte contestate e a quelli intimati per motivi discriminatori o per ritorsione. Sono tutte ipotesi di licenziamento illegittimo.
Cosa succede, ad esempio, se un lavoratore viene licenziato per aver espresso una propria opinione o pensiero?
Ma anche i licenziamenti per motivi economici devono essere sorretti da una motivazione effettiva e dimostrabile e impongono al datore di lavoro un previo tentativo di ricollocazione del lavoratore in altre mansioni. Le grandi aziende, inoltre, sono obbligate in alcuni casi ad esperire un tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Se difetta uno di questi due requisiti il licenziamento è parimenti illegittimo.
Ecco perché è fondamentale conoscere i propri diritti.
Per il lavoratore, oltre alla perdita della fonte di reddito, c'è il peso emotivo di sentirsi trattato ingiustamente o di non valere abbastanza.
Mentre per l'azienda, un licenziamento gestito in modo non appropriato può significare non solo pesanti sanzioni economiche, ma anche una reputazione compromessa nel mercato del lavoro.
Aggiungiamo a questo scenario i tempi ristretti entro cui agire legalmente e l’incessante evolversi delle interpretazioni giurisprudenziali sulle norme in materia, e si ottiene un quadro altamente complesso.
Mentre molti professionisti nel campo adottano spesso un approccio di parte, condito a volte da preconcetti e trascurando una visione olistica della situazione, personalmente adotto un approccio ben diverso fornendo una consulenza oggettiva ed esaustiva, che copre ogni aspetto legato al licenziamento.
Dall’analisi della contestazione disciplinare e della lettera di licenziamento, passando per l’assistenza nella fase di impugnazione, sia stragiudiziale che giudiziale, fino alla negoziazione di un eventuale accordo, ti assicuro una tutela integrale e personalizzata, rispondendo in modo proattivo alle tue esigenze di lavoratore in ogni fase del percorso.
Ricordati inoltre che tutti i tipi di licenziamento, eccetto quello orale, devono essere impugnati con un atto scritto entro 60 giorni dalla loro comunicazione: l’assistenza di un professionista specializzato deve pertanto essere tempestiva.
Tutte le informazioni condivise sono trattate con la massima riservatezza, assicurando un servizio basato su onestà e trasparenza.
in caso di licenziamento ritenuto illegittimo
Si può procedere con un
se non si raggiunge una soluzione conciliativa soddisfacente
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